Reincantare il mondo incrocia coraggiosamente teorie diverse, come il processo di individuazione di Simondon, la psicanalisi freudiana, certi aspetti della fenomenologia di Husserl, la grammatologia di Derrida e le riflessioni foucaultiane sugli hypomnémata, al fine di promuovere il valore spirito e contrastare il populismo industriale – ossia la dissociazione e la captazione dell'attenzione divenute sistema. Grazie a queste coordinate, Stiegler disegna una filosofia e un pensiero che devono ritornare ad essere forti, in un certo senso più del “pensiero forte”. Per l'autore di questo libro, infatti, il reincanto del mondo è la costruzione di un'alternativa all'esito più nefasto del disincanto del mondo descritto da Max Weber. Se il disincanto del mondo è l'espressione del predominio delle logiche di efficienza e produttività, e si poggia sulla convinzione che tutti i fenomeni possano essere dominati dalla ragione, abbandonando perciò ogni riferimento a elementi magici, metafisici o religiosi, per Stiegler tale disincanto si è rivelato sempre più nocivo a misura della costante e pressoché illimitata ipertrofia delle nuove tecnologie, veicolata da un capitalismo ormai palesemente tossico. Di fronte a ciò, piuttosto che opporsi al divenire tecnologico, si rende necessario «un nuovo progetto industriale che bisogna inventare e che miri a intensificare la singolarità in quanto incalcolabile, socializzando dei dati che non possano essere ridotti a oggetti di un mero calcolo economico. Si tratta di inventare l'industria del calcolo che impedisca di calcolare (sul)le esistenze – ma inventarla con gli strumenti digitali. Si tratta, in effetti, di reincantare il mondo, ossia di edificare i modi di sussistenza e di esistenza che sostengono l'altro piano, il piano delle consistenze, che è quello del canto – il canto di quelle Sirene senza le quali non c'è nulla».
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