Sono passati appena dieci anni e la "Milano da bere" è già diventata archeologia, modernariato. Il fervore del budget si è placato, il brain storming non devasta più le menti, l’arroganza dell'investimento dov'è finito? Eppure la generazione che popola questo romanzo, ci ha creduto, anzi se l'è goduto. Teste calde in cerca di nuove professioni, a caccia di nuove frontiere della comunicazione. La poesia al passo della pubblicità, del videoclip, era questo l'obbiettivo, la promessa che diventa progetto, tempo libero.
La Milano mitica è diventata mitologica: una tragedia. Gli stessi protagonisti hanno cambiato mestiere, hanno scelto il frullio del mac. Lo sballo dell'aperitivo ha ceduto il posto al business dell'happy hour. Bisogna cambiare tutto affinché tutto torni come prima, come dire che anche la moda è tornata di moda insieme alla nebbia e a tutto il resto. DEEJAY non è una testimonianza, non ricostruisce migliorando contesti e personaggi; è la semplice voce di chi si coniuga con la creatività "perché chi è genio è genio e basta".
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