Un suggestivo poemetto dove un «io» getta il suo sguardo sulle cose (e poco importa di chi sia), ché la ripresa è in soggettiva. Vale a dire che il lettore è indotto a far propria la visione, anche se è spiazzante rispetto alla realtà. Il senso della vista, l’occhio, lo sguardo – che sono così intrinseci alla poesia della Marmo – collaborano con il sonoro dei versi, versi scarnificati al possibile, versi che modulano il crescendo sinestetico dei finali, anch’essi tesi a rappresentare un microcosmo nella sua essenzialità, dolore e meraviglia.
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