Un’ardita giovanissima autrice si diverte, e ci diverte, con una scrittura poetica inconsueta. Organizza linee e versi in una rassegna psicopoetica ironicamente condita di diminutivi, modi di dire, detti, serie verbali e di tanti gioch(ini) di parole. Un linguaggio babelico di godibilità popolare, che si svolge e si riavvolge sicuro tra accumulazioni e serie sonore, snocciolate per giocosità e autoironia. Un’operetta ben riuscita e assolutamente depurata di giovanili pretese o di prime vanità, come recita già il titolo.
Per chi ama scoprire lo stato dell’arte poetica nuova e nuovissima.
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