Fin dall'inizio la costruzione della casa comunale ha diviso gli europei in scettici ed entusiasti. L'Italia ha fatto eccezione: da noi quasi tutti sono stati Euroentusiasti, anche se divisi sui motivi. Una parte sognava l'Europa Unita per nobili ideali di fratellanza, solidarietà e sviluppo. L'Europa senza più frontiere, con libera circolazione dei lavoratori e dei capitali, un mercato unico, aperto ed in piena concorrenza, avrebbe fatto dimenticare le divisioni del passato, diffuso ed aumentato il benessere dei cittadini ed allo stesso tempo costituito un fulcro, nella Comunità internazionale, d'equilibrio e saggezza, con regole democratiche ed in difesa dei diritti fondamentali sui quali si fonda e si garantisce la dignità dell'Uomo. Un'altra parte, in verità maggioritaria, fondava la sua adesione più ancora che sulla fiducia delle nuove Istituzioni, sulla sfiducia nelle proprie. Qualsiasi passaggio di fette di sovranità, da Roma a Bruxelles, non avrebbe costituito una rinuncia, ma un miglior investimento nella risoluzione dei problemi che da soli, a causa della faziosità dei corporativismi e clientelismi, non avremmo potuto risolvere. (Dalla presentazione di Michelangelo Pisani Massamormile).
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